domenica 6 marzo 2016

Georges Seurat


            A  partire dal 1839 il chimico Michel-Eugène Chevreul aveva cominciato a pubblicare i risultati delle sue ricerche di cromatica (Teoria empirica che fissa i criteri per la classificazione dei colori). Egli aveva esposto il principio di “contrasto simultaneo” secondo il quale se si accostano due colori complementari le qualità di luminosità di ognuno vengono esaltate.
            Il ragionamento di Chevreul, noto già anche agli Impressionisti, parte  dall’osservazione che ogni colore considerato isolato contro uno sfondo bianco appare invece circondato da una tenue aureola del colore suo complementare. Se accostiamo due complementari, l’aureola di ognuno andrà a rafforzare l’altro che apparirà più deciso, vivo e brillante di quanto non sarebbe apparso se considerato isolato (accostando il giallo e il violetto, infatti, il primo velerà il secondo di violetto e il secondo velerà il primo di giallo).
            Chevreul aveva anche predisposto un cerchio cromatico, diviso in 72 parti in cui i colori primari – rosso, giallo e blu- e i secondari complementari – cioè rispettivamente: verde, violetto  e arancio- sono accompagnati  da numerose sfumature che da un colore  trapassano verso l’altro e dove, inoltre, ogni colore è opposto al suo complementare.

Il cerchio cromatico di Chevreul

            Al giovane George Seurat, studente dell’Ecole des Beaux-Arts le teorie nuove di Chevreul apparvero come una rivelazione.
            I suoi inizi furono impressionisti ma già nel 1886 egli aveva creato il suo capolavoro con la tecnica da lui stesso messa a punto, quella divisionista, consistente nell’accostamento di colori puri tenuti divisi, derivante proprio dalle teorie di Chevreul sul “contrasto simultaneo”.
            A ciò Seurat aggiunse il principio della ricomposizione retinica,  pure basata sulle ricerche del chimico francese. Cioè i colori accostati sulla tela sarebbero stati ricomposti e fusi dalla retina dell’occhio degli osservatori senza l’intervento meccanico del pittore che avrebbe dovuto operare una mescolanza chimica per dar luogo a un colore diverso. Tale modo di operare avrebbe assicurato sia la massima luminosità, poiché i colori erano tenuti divisi, sia la loro fusione al solo guardarli.
            Perché questo potesse verificarsi occorreva però che i colori fossero depositati sulla tela con la punta del pennello sotto forma di puntini. Da ciò il termine Pointillisme (Puntinismo), con cui la tecnica divenne nota, anche se Seurat avrebbe preferito il termine Divisionismo o Cromo-luminismo per via dell’attenzione ai valori di luminosità dei colori.

Un dimanche après-midi à l’Ile de la Grande Jatte
Una domenica pomeriggio all’Isola della Grande Jatte

Nel 1886 Seurat, con disappunto e idignazione di Monet, espose all’ottava e ultima mostra degli Impressionisti il suo capolavoro, Un dimanche après-midi à l’Ile de la Grande Jatte realizzato con la tecnica del Pointillisme da lui inventata.

Georges Seurat, Un dimanche après-midi à l'Ile de la Grande Jatte, 1883-1885.
Olio su tela, 207,6x308cm. Chicago, Art Institute.


            Eseguito tra il 1883 e il 1885, Seurat ebbe bisogno di numerose sedute sul posto per realizzare dei bozzetti nella stessa ora del giorno e con la stessa luce. Il dipinto, contrariamente alla tecnica veloce degli Impressionisti, richiese quasi due anni di lavoro. Tutta la composizione fu meticolosamente pensata e realizzata in studio, contrariamente all’uso impressionista di dipingere all’aria aperta. E’ però documentato da disegni, schizzi e tavole a olio che ogni parte del dipinto e i singoli gruppi sono stati studiati con sopralluoghi dal vero. Per esempio sono numerosissimi gli studi riservati alla scimmietta, eseguiti osservandone un esemplare allo zoo.
            Il quadro è di dimensioni eccezionali rispetto a quelle utilizzate dagli Impressionisti: per questo aspetto si rifà volutamente alle grandi tele della tradizione classica francese. Il soggetto è il passeggio domenicale all’isola della Senna chiamata Grande Jatte, ma il modo in cui sono disposte le circa quaranta figure non ha nulla della spontaneità delle scene consimili dipinte da Monet o Renoir.
            Uomini e donne passeggiano o sono distesi all’ombra, una donna pesca, un uomo suona la tromba, due militari camminano appaiati, una coppia si abbraccia, dei canottieri vogano, mentre dei bambini corrono o camminano all’ombra protettrice degli adulti. Fra tutti spicca la coppia di destra: l’uomo con il cappello a cilindro, il bastone, il monocolo e un fiore all’occhiello cammina tenendo un sigaro in mano; la donna dal cappellino con un vistoso mazzolino di fiori rossi si ripara dal sole con un ombrellino e tiene al guinzaglio una scimmietta.
            I personaggi di Seurat risentono delle pose statiche e classicheggianti e soprattutto, dell’immobilità delle figure di Piero della Francesca. Più che persone reali, appaiono manichini inseriti in uno scenario teatrale.


Georges Seurat, Un dimanche après-midi à l'Ile de la Grande Jatte.
Particolare

            La mancanza di scorci prospettici arditi allontana il dipinto  dall’inquadratura fotografica tipica di Degas.
            I puntini di colore sono pressoché infiniti, ognuno è stato deposto sulla tela badando a quello vicino, tenendo presente la teoria del contrasto simultaneo  e il cerchio cromatico per ottenere la massima luminosità e facendo attenzione a che la ricomposizione retinica desse luogo proprio a quei colori registrati dall’artista durante le sedute.

Georges Seurat, Un dimanche après-midi à l'Ile de la Grande Jatte.
Particolare

            L’effetto generale è certamente nuovo se paragonato con i dipinti impressionisti.
            Su tutta la scena dominano una strana sensazione di calma e un assoluto silenzio, assieme a un’innaturale immobilità, una costante nell’arte di Seurat.
              Il caos è solo apparente ed è immediata la constatazione di una disposizione geometrica e quasi scenografica delle persone e degli animali. Nella composizione Seurat si è particolarmente preoccupato di curare l’armonia geometrica tra le linee verticali (alberi, persone in piedi), le linee oblique (ombre) e le curve create soprattutto dal curioso gioco degli ombrelli e dei cappellini. I loro rapporti reciproci sono studiatissimi, armoniosi e sorretti da un ordine severo. Ad esempio, l’asse di simmetria della tela è segnalato dalla giovane donna che tiene una bambina per mano, mentre gli assi delle due porzioni di destra e di sinistra sono individuati dal fusto di un albero e dal piccolo drappo che pende dal braccio dell’uomo con il cappello a cilindro accompagnato dalla donna con il parasole. Un gruppo piramidale, a sinistra, segue le inclinazioni di due diagonali minori.

Georges Seurat, Un dimanche après-midi à l'Ile de la Grande Jatte.
Schema geometrico


              A ribadire quanta parte abbia una costruzione geometrica  astratta nella composizione del quadro, il suo centro è occupato dalle uniche due figure in posizione frontale, che procedono verso lo spettatore.  Lo sguardo della bambina è appunto l’unico di tutto il quadro che sia rivolto a chi guarda l’opera, come una sorta di mediazione tra il “mondo possibile” del quadro e il mondo reale.
              E’ evidente la pertinacia di una ricerca formale, di un rinnovamento interno al linguaggio dell’arte: l’immobilità dell’insieme valorizza la vibrazione della luce e dunque il sistema puntinista. Seurat anticipa il procedimento dell’immagine a colori dell’pennello elettronico”; il suo puntino è infatti un progenitore del pixel  nello schermo televisivo.

Georges Seurat, Un dimanche après-midi à l'Ile de la Grande Jatte, 1883-1885.
Olio su tela, 207,6x308cm. Chicago, Art Institute.























Fonti:

Itinerario nell’arte. Versione gialla compatta multimediale. Dal Barocco al Postimpressionismo. Giorgio Cricco, Francesco Di Teodoro.
Storia dell’arte, L’Ottocento, Gillo Dorfles, Francesco Laurocci, Angela Vettese.





              

martedì 19 gennaio 2016

Paul Cézanne


A differenza della maggior parte degli artisti, che danno il meglio di sé in gioventù, Cézanne iniziò a produrre capolavori solo durante la sua maturità. Non era infatti un artista istintivo, ma metodico e riflessivo, alla continua e testarda ricerca di uno stile personale che gli consentisse di superare l’Impressionismo.  Ciò che egli desiderava non era dipingere la visione, ma la ricostruzione logica e strutturale di essa.
Secondo la sua teoria la natura è impossibile da riprodurre, così come la luce del sole; allora occorre rappresentarla mediante i colori intesi come degli “equivalenti” pittorici.  Anzitutto è necessario eliminare i contorni, i profili delle figure, perché il disegno non esiste in natura ma è solamente un artificio. La costruzione del dipinto viene realizzata mediante la “modulazione” del colore: macchie poste una accanto all’altra conferiscono, grazie alla loro differenza di tono, l’illusione della tridimensionalità.

La Montagna Sainte-Victoire

Negli ultimi anni della sua vita Cézanne sarà affascinato e quasi ossessionato dal paesaggio che era abituato a vedere sin da bambino: quello dominato dalla montagna Sainte-Victoire.
L’artista lo dipingerà innumerevoli volte e sempre in modo diverso, con soluzioni tecniche differenti.


Paul Cézanne, La montagna Sainte-Victoire vista dai Lauves, 1902-1906
Olio su tela, 73x91 cm. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art

Nel dipinto di Filadelfia, uno dei numerosi dallo stesso soggetto, alla rappresentazione dei volumi, cioè alla scomposizione delle cose (paesaggio naturale e paesaggio creato dall’uomo) in essenzialità e alla loro ricomposizione tramite superfici accostate, si aggiunge la ricerca della profondità senza prospettiva geometrica, ma attuata tramite i colori.
Sono lo spessore e la corposità dell’aria che Cézanne intende mostrare nella profondissima valle bloccata dal profilo conico del monte. E l’aria e il cielo assumono anche i colori delle case e degli alberi: il verde è pure nel cielo da cui solo un tenue contorno azzurrino riesce a separare il monte, tanto i loro colori sono simili. La profondità è tutta lì, in quel cielo unito alla montagna dall’aria palpabile che si interpone fra il pittore e l’oggetto ritratto.
L’emotività è contenuta in una solenne costruzione architettonica, che sacrifica spesso la veridicità dei colori alla loro consonanza con la base geometrica e che appare come la risultante di una compagine di tasselli.
Cézanne non poteva creare nulla di più diverso da un dipinto impressionista. Basta confrontarlo con la tela di Renoir, il più giocoso e solare degli Impressionisti, avente lo stesso soggetto.

Pierre-Auguste Renoir, La montagna Sainte-Victoire, 1889
Olio su tela, 52,8x64cm.
New Haven, Yale University Art Gallery


Renoir dipinge un paesaggio estremamente carezzevole e limpido.  Un dipinto che riconcilia l’uomo con la natura, una visione paradisiaca in cui le case sono piccole macchie cullate dalle fronde e dove l’erba ingiallita dal sole, le chiome degli alberi di svariati colori, le colline rosate, il monte lontano e il cielo sembrano come pettinati dal pennello e pronti a dare gioia all’osservatore.










Fonti:
Itinerario nell’arte. Versione gialla compatta multimediale. Dal Barocco al Postimpressionismo. Giorgio Cricco, Francesco Di Teodoro.
Storia dell’arte, L’Ottocento, Gillo Dorfles, Francesco Laurocci, Angela Vettese.











domenica 17 gennaio 2016

Paul Cézanne

 
Nato a  Aix-en-Provence, nel meridione della Francia, il 19 gennaio 1839 da una famiglia benestante, studiò nel collegio Bourbon dove ebbe come compagno  il grande scrittore  Emile Zola, al quale restò legato per molti anni, e successivamente seguì dei corsi di disegno alla Ecole des Beaux-Arts della città natale.
Cézanne trascorse l’intera sua esistenza in Francia, salvo un breve viaggio in Svizzera, risiedendo quasi sempre a Aix.
A Parigi entrò in contatto con quei pittori che vennero poi chiamati Impressionisti e partecipò alla loro prima esposizione, quella del 1874, nello studio di Nadar. Fu con loro anche nel 1877, ma nel 1879 se ne allontanò. Le sue opere degli inizi degli anni Ottanta mostrano già significative differenze  rispetto a quelle degli Impressionisti e il suo distacco dalla loro visione effimera e fuggevole della realtà appare definitivo già alla fine del decennio.
Dall’Impressionismo Cézanne apprese il dipingere en plein air e la ricerca della massima luminosità dei colori.
Il ruolo di Cézanne quale maestro dei pittori moderni cominciò a definirsi solo negli ultimi anni della sua vita, quando nel 1904 gli fu dedicata un’intera sala del Salon d’Automne,  la nuova esposizione di arte non ufficiale. La sua pittura segnò una rivoluzione, in quanto non si fondava più sulla semplice rappresentazione della natura, ma intendeva innanzitutto costituire una realtà autonoma.


Casa Maria, 1895, Olio su tela, 65x81 cm
The Kimbell Arte Museum. Particolare

Secondo Cézanne, l’artista ha il compito di realizzare sulla tela una sintesi tra ciò che è la vera essenza delle cose e la sua personale percezione di esse. Fu questa componente meditativa e intellettuale a suscitare l’ammirazione degli artisti a lui contemporanei e a porre le basi sia per lo sviluppo dell’avanguardia cubista, sia per le future ricerche astratte e concettuali.



La casa dell’impiccato a Auvers-sur-Oise

E’ del 1872-1873 uno dei due dipinti che Cézanne espose alla prima mostra degli Impressionisti. La scelta del plein air e i piccoli tocchi di colore con i numerosi chiari fanno di questo dipinto un’opera sicuramente impressionista.
Tuttavia vi sono degli elementi che mostrano già la volontà dell’artista di andar oltre la ricerca degli Impressionisti:


La casa dell'impiccato a Anvers-sur-Oise, 1872-1873. Olio su tela
55,3x66,7 cm. Parigi, Musée d'Orsay

  • ·    Il paesaggio senza alcuna presenza umana;
  • ·    Il paese quasi incastonato nel cuneo fra i due grandi edifici in primo piano che fungono da quinte;
I due edifici in primo piano fungono da quinte
Il paese appare quasi incastonato in un cuneo

Schema compositivo della Casa dell'impiccato a Auvers-sur-Oise

  • ·       La vallata grandissima limitata dal cielo che da un tenue color lilla prende corpo trasformandosi in un azzurro deciso;
  • ·      Lo scarso olio impiegato nel diluire i pigmenti colorati, la qual cosa conferisce alla superficie una scabrosità e una corposità inusuale negli Impressionisti.


Esiste un secondo livello di lettura, quello intellettivo. L’intelligenza deve spronare il pittore-ricercatore a indagare la realtà per scoprirne l’essenza, la verità nascosta dalle apparenze che la rivestono.
In questa tela non si avvertono la vitalità e la leggerezza dei quadri di Renoir o Monet; colpisce invece la salda costruzione dei volumi, la forte individuazione delle forme non è più una conseguenza della precisione del disegno, bensì del colore, la cui consistenza fisica conferisce ai soggetti una maggiore solidità e concretezza realistica. I contorni appaiono disgregati dai densi strati di colore, steso con la spatola e con lunghe pennellate pastose che permettono alle forme di compenetrarsi l’una nell’altra.
E’ la geometria, che permea tutte le cose e a cui tutto può essere ricondotto. Le sue figure acquistano una maggiore monumentalità e una potenza architettonica, mentre l’uso costruttivo del colore determina piani, curve, spigoli, mutamenti d’inclinazione, differenze di luce, come in una scultura di creta appena abbozzata, ma che già mostra il modellato finale.





I giocatori di carte

Uno dei capolavori dell’artista, I giocatori di carte, risale al 1898. Due uomini in un’osteria di paese stanno giocando a carte davanti a uno specchio.
Potrebbe sembrare un tema tipicamente impressionista: basti ricordare Il bar delle Folies Bergère di Manet o L’assenzio di Degas. Ma non c’è più nulla di impressionista in questo dipinto.
Lo specchio, ad esempio, è quasi opaco e sembra far parte della boiserie,  cioè del rivestimento ligneo, per cui l’attenzione di Cézanne è tutta per il tavolo e per i due giocatori. Il modo in cui essi sono rappresentati li avvicina a dei manichini.
Ma è proprio questo ciò che importa, l’aver isolato i puri volumi, la geometria di cui sono fatti i corpi e gli oggetti inanimati: la forma semisferica del capello del giocatore di destra, il cilindro sormontato da una lieve calotta sferica del cappello del giocatore di sinistra il quale appare connotato da cilindri rigidi (la pipa, la forma del torso, l’avambraccio), gli innesti delle superfici cilindriche e tronco-coniche delle maniche e la gran massa squadrata delle giacche; e poi ancora il cilindro della bottiglia di vino posta fra i due giocatori, i parallelepipedi che formano il tavolino su cui è gettata una tovaglia la cui rigidità, quasi metallica, pare fatta apposta perché sembri anch’essa definita per via di superfici geometriche semplici.


I giocatori di carte, 1898, Olio su tela, 47,5x57 cm., Parigi, Musée d'Orsay.

Schema compositivo dei Giocatori di carte.


L’immagine si presenta con uno schema fortemente geometrizzato che  conferisce ai due personaggi una dignità classica: non c’è folclore nell’aneddoto, ma soltanto tensione vitale e semmai un senso di  cupa riflessione esistenziale.
Lo spazio è costruito su una griglia di orizzontali (piani del tavolo e linee della finestra) e verticali (gambe del tavolo, bottiglia, sedia del giocatore di sinistra, pieghe della tovaglia a sinistra). In questo schema si inseriscono le oblique costituite dal corto tratto bianco della pipa a sinistra, dalla caduta della tovaglia a destra, dalla lieve inclinazione delle braccia dei giocatori.
Il primo ha giacca bluastra e pantaloni gialli. All’opposto, il secondo ha giacca gialla e pantaloni bluastri. L’unico altro colore presente sulla tela è un bruno che si accende fino all’ocra con cui Cèzanne disegna il tavolo, la tovaglia, l’infisso della finestra e i due volti.
Tutto il dipinto appare costituito da variazioni su abbassamenti di tono dei tre colori fondamentali: blu, giallo e rosso.
Le pennellate si compongono a tasselli, com’è particolarmente evidente nella giacca del giocatore di sinistra e nel blu oltre il vetro della finestra.
L’immagine appare lievemente fuori centro, dal momento che sia il tavolo sia il riflesso della bottiglia, il quale ha la funzione di suddividere gli spazi d’azione dei due individui, risultano spostati verso destra rispetto ai margini del quadro. La finestra in alto a sinistra funge da contrappeso visivo a questo sbilanciamento.
Cézanne ottiene così il massimo grado di centralità che risulti credibile in una scena di vita vissuta. Tale lieve scarto dal centro era infatti il dispositivo con il quale evitava sempre, anche nelle opere dal classicismo più evidente, il rischio di descrivere un mondo non tratto dal vero: le cose non ci si presentano mai in uno stato di perfetto equilibrio.
Nonostante questa attenzione al realismo, molti aspetti parlano nell’opera di simmetria e specularità costruite in maniera astratta.











Fonti:
Le basi dell’arte, Dal Neoclassicismo a oggi, Elena Demartini, Chiara Gatti, Lavinia Tonetti, Elisabetta P. Villa.
Itinerario nell’arte. Versione gialla compatta multimediale. Dal Barocco al Postimpressionismo. Giorgio Cricco, Francesco Di Teodoro.
Storia dell’arte, L’Ottocento, Gillo Dorfles, Francesco Laurocci, Angela Vettese.
Moduli di Arte, Dal Neoclassicismo alle avanguardie, Electa, Bruno Mondadori.