lunedì 30 maggio 2011

IL GRIDO DELL'ANIMA

Edvard Munch

E' uno dei primi e più significativi esponenti della pittura espressionista europea.
Si ritrovano in lui tutti i grandi temi sociali e psicologici del tempo: dall'incertezza del futuro alla disumanizzazione della società borghese, dalla solitudine umana al tragico incombere della morte, dall'angoscia esistenziale alla crisi dei valori etici e religiosi.
Nel 1892 Munch espone a Berlino una cinquantina di suoi dipinti e il giudizio della critica è così drastico che dopo una sola settimana la mostra viene sospesa.
All'amarezza della stroncatura ufficiale fa da parziale contrappeso l'accettazione da parte delle avanguardie artistiche berlinesi, che lo induce a trattenersi nella capitale tedesca per altri tre anni.
Nel 1914 i tempi sono ormai maturi affinché la sua arte, anche se mai del tutto compresa, venga comunque accettata anche dalla critica.
Membro dell'Accademia tedesca delle Arti e socio onorario dell'Accademia bavarese di Arti figurative, nel 1937 Munch conosce le prime persecuzioni naziste. Il regime hitleriano definisce “degenerate” ben 82 opere dell'artista esposte nei vari musei pubblici della Germania e ne dispone la loro vendita. Nel 1940, quando i Tedeschi invadono la Norvegia, l'artista rifiuta qualsiasi contatto con gli invasori e si rifugia negli Stati Uniti.
Muore due anni dopo, nel 1944, nella sua proprietà di Ekely, presso Oslo.
Le radici dell'arte di Munch sono forse più letterarie che figurative. Profondamente suggestionato dalla filosofia esistenzialista di Kierkegaard non meno che dai drammi di Ibsen e di Strindberg, egli ha una visione della realtà profondamente permeata dal senso incombente e angoscioso della morte. In quest'ottica anche l'amore è visto soprattutto come affiorare di un'animalità primitiva e insopprimibile e la voglia di annullarsi uno nell'altra viene ancora una volta letta come espressione di morte.
La vicenda personale non è certo estranea al maturare di una visione così lucidamente senza speranza. La morte della madre e della sorella, le frequenti crisi depressive, l'inquietudine interiore, costituiscono l'unico possibile quadro di riferimento all'interno del quale leggere lo sviluppo artistico di Munch, le cui teorie anticipano di circa un decennio quelli che saranno gli esiti dell'Espressionismo.
Edvard Munch,  La fanciulla malata



Munch parte dall'abbandono di ogni tradizionalismo. Abolito il disegno, abolito il chiaroscuro. Il primo esempio si ha ne La fanciulla malata, ove l'artista ricorda l'agonia e la prematura scomparsa della sorellina. La scena rappresenta una ragazza dai capelli rossi a letto, con le spalle appoggiate a un enorme cuscino bianco. Accanto, forse inginocchiata, vi è una figura femminile dal capo reclinato. I due personaggi, sono muti. La fanciulla spalanca un occhio vitreo e allucinato, presago di sventure, e la sua mano sinistra è carezzata da quelle della donna. L'intreccio di queste mani, delineato con pochi, rapidissimi colpi di colore, non è affatto casuale: ciascuno può infatti controllare come ricada perfettamente all'incrocio delle due ipotetiche diagonali, dunque nel centro geometrico del dipinto. La prospettiva della stanza è angusta. L'aria che si respira è pesante, quasi viziata. Munch vuol farci sentire l'odore della malattia, il senso di chiuso, gli aromi acuti degli sciroppi e delle medicine. L'unica luminosità proviene dal cuscino e dal volto pallido della ragazza, è come se la federa e la pelle emanassero una loro luminescenza intrinseca e spettrale.
La critica accoglie l'opera, una delle prime di Munch in modo impietoso. Al posto della descrizione naturalistica dei corpi, l'artista sostituisce dei semplici abbozzi di colore, al di fuori di qualsiasi regola mai prima sperimentata; anche tutte le convenzioni del disegno e delle lumeggiature accademiche vengono trasgredite.
Gli intenti rappresentativi di Munch sono nuovi e diversi. Egli vuole rappresentare sentimenti, non materiali, e anche i personaggi altro non sono che involucri di passioni o di angosce.

L'urlo è l'opera che meglio esemplifica la poetica di Munch, volta a mettere a fuoco con straordinaria espressività il malessere esistenziale dell'uomo e la sua immensa angoscia di fronte alla morte e all'impossibilità di opporre resistenza alle incontrollabili forze della natura.
Il simbolismo di Munch si fa più maturo e il suo messaggio più angosciante. Il senso profondo del dipinto, realizzato nel 1893, lo troviamo descritto dall'artista stesso in alcune pagine di un suo diario:
Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue, mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto – sul fiordo nero azzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco- i miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura- e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura”
La scena, fortemente autobiografica, è ricca di riferimenti simbolici. L'uomo in primo piano esprime, nella solitudine della sua individualità, il dramma collettivo dell'umanità intera. Il ponte, la cui prospettiva si perde all'orizzonte, richiama i mille ostacoli che ciascuno di noi deve superare nella propria esistenza, mentre i presunti “amici” che continuano a camminare, incuranti del nostro sgomento, rappresentano con cruda disillusione la falsità dei rapporti umani.
I contenuti non sono mai disgiunti dalla forma e qui la forma perde qualsiasi residuo naturalistico diventando preda delle angosce più profonde dell'artista. L'uomo che leva, alto e inascoltato, il suo urlo terribile è un essere serpentinato, quasi senza scheletro, fatto della stessa materia filamentosa con cui è realizzato il cielo infuocato o il mare oleoso.
Al posto della testa vi è un cranio repellente, senza capelli, come di un sopravvissuto a una catastrofe atomica. Le narici sono mostruosamente ridotte a due fori, gli occhi sbarrati sembrano aver visto un abominio immondo, le labbra nere rimandano alla putrescenza dei cadaveri. E' l'urlo disperato e primordiale che esce da quella bocca straziata si propaga nelle convulse pieghe di colore del cielo, della terra e del mare. E' l'ulo di chi si è perso dentro se stesso e si sente solo, inutile e disperato anche fra gli altri.
L'esperienza di un momento di panico e di smarrimento individuale, capace di trasformare un tramonto in un incubo, diventa nel quadro il paradigma di una condizione di disagio universale, espressa da Munch con un linguaggio fortemente stilizzato.
La composizione è impostata sulla diagonale del parapetto che corre lungo il sentiero e stabilisce la distanza tra i due uomini che nel margine sinistro si allontanano indifferenti e la drammatica figura dominante in primo piano.
La prospettiva dall'alto e l'inquadratura tagliata sulla strada danno l'impressione di trovarsi sull'orlo di un abisso, dietro il quale si apre una veduta di Oslo descritta attraverso linee fluide e ondeggianti.
L'intensità del rosso che sovrasta l'orizzonte non è diversa da quella di un cielo estivo al tramonto, ma nel dipinto si carica di drammaticità in quanto crea un contrasto molto forte con i gorghi scuri dell'acqua; inoltre, riflettendosi sulla staccionata, sembra inseguire la creatura terrorizzata, che tiene premute le mani sulle orecchie per non sentire nulla. I suoi lineamenti, così deturpati, le danno la parvenza di una tragica maschera di morte. 

Edvard Munch, L'urlo


Fonti:
Itinerario nell'arte” G. Cricco F. P. Di Teodoro
L'arte tra noi” L. Beltrame, E. Demartini, L. Tonetti.

lunedì 23 maggio 2011

ART NOUVEAU


ART NOUVEAU

La massificazione della produzione industriale negli ultimi decenni del XIX secolo interessa tutti i settori: dalla falegnameria alla vetreria, dalla tessitura alla grafica, con il conseguente sviluppo della cartellonistica pubblicitaria.

 
B.Loffler, Manifesto per l'Esposizione d'Arte di Vienna, 1908 


L'Art Nouveau è la risposta artistica che la cultura europea, stanca dello storicismo eclettico e del magniloquente accademismo, da al disagio del proprio tempo. Il termine stesso, che in francese significa “arte nuova” è di per sé indicativo dello spirito innovatore che il movimento esprime anche in ambiti non direttamente artistici quali quelli dell'arredamento e della moda.
L'Art Nouveau non è arte d'evasione. Il patrimonio di esperienze maturato da William Morris con la sua “Arts and Craft Exhibition Society” confluisce in modo diretto all'interno dell'Art Nouveau. E' così che l'Art Nouveau diventa in breve il gusto d'un'epoca: la belle époque.
Il fenomeno dell'Art Nouveau pur con le naturali differenziazioni dovute alle diverse tradizioni sociali e politiche di ogni Paese, si diffonde a livello internazionale con caratteri sostanzialmente omogenei.
In ogni paese d'Europa l'Art Nouveau si sviluppa in modo diverso, al fine di meglio interpretare quel desiderio di novità che è insito nel suo stesso nome. E anche i nomi cambiano. Art Nouveau è quello francese, e deriva dall'insegna di un negozio di arredamento d'avanguardia aperto a Parigi nel 1895.
In Italia prese il nome di Liberty, dalla ditta di arredamenti moderni “Liberty & Liberty Co.”attiva a Londra fin dal 1875. In Germania l'Art Nouveau si diffuse con il nome di Jugendstil (stile giovane). In Austria si parlò invece di Sezession (Secessione), dal nome del movimento artistico d'avanguardia formatosi a Vienna nel 1897. In Belgio si parlò di Stile Horta, dal nome di Victor Horta, che ne fu il massimo esponente, mentre in Spagna venne adottato l'appellativo di Arte Joven (arte giovane) o di Modernismo.
Nel arredamento trionfano le forme morbide e sinuose, derivate dalla natura e poi reinterpretate in chiave decorativa. Nel campo tessile si producono stoffe e tessuti decorati con motivi straordinariamente complessi e delicati. 

Jacques Gruber, Porta a due battenti
Nel campo della grafica e della riproduzione di immagini a colori i progressi dovuti al perfezionamento delle tecniche litografiche consentono la realizzazione in grande tiratura di manifesti, locandine, riviste e cartoline illustrate. 
Copertina della rivista "Ver Sacrum" 


A seconda dei vari paesi nei quali si sviluppa, l'architettura art nouveau assume forme e soluzioni costruttive diverse. La sua costante sta soprattutto nell'uso nuovo e funzionale del ferro e delle ghise. Sono le strutture stesse a diventare decorazione, attingendo con piena libertà di rielaborazione, al fantasioso repertorio del mondo animale o vegetale. 

Victor Horta, Ringhiera della scala principale dell'Hotel Solvay, 1894.


Victor Horta, Hotel Solvay
 

La celebre ringhiera in ferro e legno che Horta realizza nel 1894 per la scala principale dell'Hotel Solvay di Bruxelles ne rappresenta uno dei migliori esempi.
Nella forma espressiva predomina la linea curva, derivata dal mondo vegetale e definita con un segno agile, flessuoso, vitale e molto decorativo.
La stagione dell'Art Nouveau è forse l'ultimo periodo della storia contemporanea nel quale si sia assistito al diffuso affermarsi a livello internazionale di una ideologia artistica sostanzialmente omogenea. Da essa prenderanno l'avvio tutte le successive avanguardie del Novecento.  

Fonte:  "Itinerario nell'arte" G. Cricco  F.P. Di Teodoro 

domenica 22 maggio 2011

ART NOUVEAU

ART NOUVEAU
Presupposti

Le arti applicate

Gli ultimi decenni del XIX secolo vedono il pieno sviluppo della Seconda Rivoluzione industriale. Molte attività artigiane morirono per la concorrenza spietata dell'industria, le città si erano riempite di contadini urbanizzatisi per necessità, richiamati dal miraggio di un lavoro.
L'uomo, l'operaio fu doppiamente deriso. In primo luogo perché fu costretto ad abbandonare le proprie radici (che affondavano in una secolare cultura contadina), con una conseguente perdita di identità, in secondo luogo perché il lavoro era massacrante senza il riscontro di un salario equo o di un'attività gratificante. Il lavoro era ripetitivo e alienante. La produzione industriale di serie era scadente e priva di ogni pregio.
Si sentiva, negli ambienti artistici la necessità di un cambiamento radicale che riconsiderasse gli scopi stessi del lavoro operaio e la qualità dei manufatti industriali.
Fu William Morris a fare il gran passo in tale direzione. Fu egli stesso pittore, ma anche pubblicista, decoratore e grafico.
William Morris riteneva che bisognasse restituire al lavoro operaio quella spiritualità e quel sentimento che erano stati eliminati dall'uso delle macchine e più in generale da tutto il processo di industrializzazione dell'Ottocento europeo.
Nel 1861 Morris dette vita alla ditta “Morris, Marshall, Faulckner & Co” che produceva elementi per l'arredamento e per la decorazione delle abitazioni: dagli oggetti d'uso comune alle vetrate colorate, dalle carte da parato alle stoffe per rivestimenti, alle tappezzerie, ai ricami.
Nel 1888 Morris fondò la “Arts and Craft Exhibition Society”, un'associazione di arti e mestieri che si prefiggeva di conciliare la produzione industriale con l'arte, in modo che ogni oggetto, pur se di serie e di basso costo, avesse un bel disegno e godesse di un certo pregio artistico. Scopo di William Morris era di consentire ai meno abbienti di acquistare oggetti d'uso comune di buona qualità e a basso prezzo.


William Morris, Tappezzeria Strawberry
 
Le illustrazioni della grafica inglese applicata all'editoria della fine del XIX secolo hanno un elemento in comune: il decorativismo. Esso si manifesta con la linea sinuosa, con la ripetitività dei motivi, con l'arricciolarsi di tralci di foglie e fiori resi in modo stilizzato.
Aubrey Beardsley si espresse principalmente nella grafica. Tra le sue innumerevoli illustrazioni spiccano quelle per la Salomè dello scrittore inglese Oscar Wilde, pubblicata nel 1894, in cui Beardsley creò una coerente unità tra testo e immagine, attraverso una linea serpeggiante che enfatizza sensualità e ironia. 
Aubrey Beardsley, Danza di Salomè

Tali caratteri pongono il movimento di William Morris e dei suoi seguaci quale presupposto immediato dell'Art Nouveau.
L'eredità del messaggio sociale di William Morris, che pose l'accento sull'utilità dell'arte nel progresso sociale, fu accolta da Henry van de Velde, progettista e teorico dell'Art Nouveau. A differenza di Morris, egli considerava l'impiego delle macchine e delle nuove tecnologie industriali il solo mezzo per avviare il rinnovamento della moderna società. Van de Velde prediligeva una decorazione essenziale, legata al dinamismo della linea e soprattutto funzionale alla struttura e alla forma dell'oggetto.

Henry van de Velde, Scrivania

Le caratteristiche di purezza geometrica delle creazioni dello scozzese Charles Rennie Mackintosh, che approda a un linguaggio semplice, sono evidente nella Sedia a schienale alto che con la sua linea retta misurata, allungata e simmetricamente perfetta, costituisce uno degli archetipi indiscussi del design moderno.


Charles Rennie Mackintosh, Sedia a schienale alto

Nei primi anni del Novecento si affermò l'idea dell'unità tra le diverse arti. In molti casi, la produzione industriale venne applicata al singolo oggetto con intenzionalità estetica, al tempo stesso, fu proprio nell'ambito dell'Art Nouveau che si diede un nuovo, grande risalto al lavoro artigianale, affiancato o integrato alla produzione industriale, ed allo sviluppo delle arti applicate nel settore dell'architettura.
L'esponente di maggior prestigio dell'Art Nouveau americana fu Louis Comfort Tiffany che studiò pittura e arredamento d'interni a Parigi. Tornato in patria, si dedicò all'arte vetraia, brevettando alcuni procedimenti di lavorazione. Tra le sue più conosciute creazioni vi sono lampade, vetrate e vasi floreali soffiati a mano senza stampi. 

Louis Comfort Tiffany, Veduta della Oyster Bay. Vetro piombato


Fonti:  Itinerario nell'arte, G Cricco, F.P. Di Teodoro.
Le Basi dell'arte, E. Demartini, C. Gatti, L. Tonetti, E. P.Villa 





sabato 14 maggio 2011

La notte dei musei

Stasera entrata gratuita nei musei che aderiscono alla "Notte dei musei"  e apertura fino alle 2:00 di notte.
Musei aderenti all'iniziativa a Palermo


lunedì 9 maggio 2011

Les demoiselles d'Avignon


Nell'autunno del 1906 Picasso incomincia a lavorare a un dipinto di grandi dimensioni che, corretto, cancellato, riaggiustato e ridipinto innumerevoli volte, vedrà al fine la luce solo verso la fine dell'anno successivo. Si tratta del celeberrimo Les demoiselles d'Avignon, un'opera di sconcertante novità, in rapporto non solo alla tradizione pittorica classica, ma anche alle più recenti ricerche dei post-impressionisti.
Le ragioni dello sconcerto generale suscitato dall'opera sono da ricercarsi nell'attacco frontale che il pittore mosse nei confronti della tradizione estetica dell'intera arte occidentale a partire dal primo Rinascimento, un'offensiva resa ancora più aspra in quanto rivolta contro il mito della bellezza.


                                    Pablo Picasso, Les Demoiselles d'Avignon, 1907
                                    Olio su tela, Museum of Modern Art, New York
Picasso aveva intenzione di rappresentare l'interno di una casa di piacere e il titolo doveva essere Le bordel d'Avignon, dal nome della via di Barcellona dove si trovavano molti postriboli.
Inizialmente il dipinto rappresentava sette personaggi, due dei quali maschili, un marinaio e uno studente con un teschio in mano, una natura morta, fiori, frutta e tendaggi. Nel corso di ben diciassette studi successivi i due uomini scompaiono e il gruppo dei nudi femminili si fa più compatto. Le cinque donne, le cinque prostitute, nel titolo vengono dette “signorine” per parodiare un consueto eufemismo borghese.
Dei cinque nudi iniziali rimasero quasi inalterati solo i due centrali, dipinti uniformemente in rosa, con leggere variazioni di tono negli arti. Le loro forme essenziali sono segnate da linee taglienti e spigolose, né ombreggiature, né espedienti prospettici sono impiegati per rendere i volumi. I volti si ispirano alla scultura iberica.
In origine anche gli altri tre nudi erano dipinti allo stesso modo ma, in seguito alla scoperta delle culture primitive, l'artista operò su di essi alcuni mutamenti sostanziali. La conoscenza della statuaria iberica e soprattutto, della scultura africana portò Picasso a elaborare una nuova concezione della figura. In particolare lo affascinava l'arte africana, in quanto selvaggia ed essenziale e, insieme, frutto della mente e non degli occhi: essa ritrae un'idea delle cose piuttosto che le cose come appaiono all'osservazione.
In primo luogo Picasso sovrappose del nero al rosa della testa di sinistra, conferendole le sembianze di una maschera. In modo più radicale, intervenne sui volti e sui corpi delle due figure più a destra, che risentono dell'influsso delle maschere rituali dell'Africa nera. Risultano nettamente più scomposti degli altri con tocchi di colore puro che distinguono i piani in cui sono strutturati.
Il nudo in piedi appare sfaccettato, come intagliato in un tronco di legno. Confrontando il suo viso e quello dell'altra figura a destra con una maschera della regione africana di Etoumbi, risulta evidente la dipendenza dagli esempi scultorei extraeuropei: le teste sono fortemente modellate, con lunghi nasi stretti, a cuneo, appiattiti verso un lato del viso; nella donna in piedi, tocchi di colore verde creano le striature tipiche delle maschere africane, mentre il blu intenso deforma il viso arancio del nudo accosciato. E' in quest'ultima figura che Picasso infranse completamente i canoni della prospettiva lineare: pur essendo ripresa da dietro, di tre quarti, sono completamente visibili il volto, un seno e la schiena.
Partendo dalle solide volumetrie di Cézanne, Picasso semplifica le geometrie dei corpi e coinvolge in tale semplificazione anche lo spazio. Quest'ultimo, infatti, invece di essere inteso come una serie di rapporti tra le varie figure, viene esso stesso materializzato e dunque diviene un oggetto al pari degli altri, da scomporre secondo i taglienti piani geometrici che lo delimitano. Le figure femminili, dunque, non sono più immerse nello spazio ma da esso compenetrate e, a parte il colore rosato dei nudi, sembrano essere costituite della stessa materia solida, cosicché ogni differenza tra contenuto (i personaggi) e contenitore (lo spazio), viene automaticamente annullata.
Le apparenti incongruenze sono finalizzate a una nuova e diversa percezione della realtà. Non più visiva, come era sempre stato fino ad ora, ma mentale, espressiva e antinaturalistica: cioè volta a rappresentare tutto quello che c'è e non solo quello che si vede. In questo senso non deve meravigliarci se di un personaggio vediamo contemporaneamente due o più lati: è come se vi girassimo attorno e tentassimo poi di ricostruire le vaie viste sovrapponendole l'una all'altra.
Fonte: Itinerario nell'arte
G. Cricco F. P. Di Teodoro
L'arte tra noi
E. Demartini, C. Gatti, E. Villa
http://www.arcadiaclub.com/articoli/arte/commenti_opere/les_demoiselles_davignon_pablo_picasso.htm

domenica 1 maggio 2011

Les Demoiselles d'Avignon

  Per i miei alunni del corso di storia dell'arte in inglese
 The result of months of preparation and revision, this painting revolutionized the art world when first seen in Picasso's studio. Its monumental size underscored the shocking incoherence resulting from the outright sabotage of conventional representation. Picasso drew on sources as diverse as Iberian sculpture, African tribal masks, and El Greco's painting to make this startling composition. In the preparatory studies, the figure at left was a sailor entering a brothel. Picasso, wanting no anecdotal detail to interfere with the sheer impact of the work, decided to eliminate it in the final painting. The only remaining allusion to the brothel lies in the title: Avignon was a street in Barcelona famed for its brothel.
The Museum of Modern Art, MoMA Highlights, New York
Les Demoiselles d'Avignon is one of the most important works in the genesis of modern art. The painting depicts five naked prostitutes in a brothel; two of them push aside curtains around the space where the other women strike seductive and erotic poses—but their figures are composed of flat, splintered planes rather than rounded volumes, their eyes are lopsided or staring or asymmetrical, and the two women at the right have threatening masks for heads. The space, too, which should recede, comes forward in jagged shards, like broken glass. In the still life at the bottom, a piece of melon slices the air like a scythe.
 Les Demoiselles d'Avignon

Pablo Picasso (Spanish, 1881-1973)

Paris, June-July 1907. Oil on canvas (243.9 x 233.7 cm).
The faces of the figures at the right are influenced by African masks, which Picasso assumed had functioned as magical protectors against dangerous spirits: this work, he said later, was his "first exorcism painting." A specific danger he had in mind was life-threatening sexual disease, a source of considerable anxiety in Paris at the time; earlier sketches for the painting more clearly link sexual pleasure to mortality. In its brutal treatment of the body and its clashes of color and style (other sources for this work include ancient Iberian statuary and the work of Paul Cézanne), Les Demoiselles d'Avignon marks a radical break from traditional composition and perspective.
http://www.moma.org/audio_file/audio_file/36/502._Les_Demoiselles_d_Avignon._1907.mp3


This painting is titled, Les Demoiselles d'Avignon, "The women of Avignon," and it's Avignon Street in the city of Barcelona where Picasso was a young artist. The Demoiselles d'Avignon are actually five prostitutes, and these are five women—obviously naked—and they're looking at us as much as we're looking at them.
The very early studies show a sailor walking into this curtained room where the ladies stand and the woman on the far left now has the traces of having been that man entering the room, and you even feel a certain masculinity in the sort of sculptural carving of her body and the way that very large foot is stepping toward the others. It almost seems like its a build-up of geometric forms, and if you look at the chest of the woman at the very top right, you can see one of these cubes making up the space underneath her chin, thus the name Cubism.
One striking aspect of this painting is the way this stage on which these women are painted is almost looming out at the viewer. Rather than feeling like these women are nice and safely set back in some kind of room that you are peering into, I, at least, feel like the women are almost piled atop of each other and piled in such a way onto the canvas that they almost could step out of it at the viewer. It's part of the desire of the painting to confront you physically, psychologically, as well as intellectually, with everything that's going on in it. 

http://www.abcgallery.com/P/picasso/picasso188.html
http://www.moma.org/