lunedì 9 maggio 2011

Les demoiselles d'Avignon


Nell'autunno del 1906 Picasso incomincia a lavorare a un dipinto di grandi dimensioni che, corretto, cancellato, riaggiustato e ridipinto innumerevoli volte, vedrà al fine la luce solo verso la fine dell'anno successivo. Si tratta del celeberrimo Les demoiselles d'Avignon, un'opera di sconcertante novità, in rapporto non solo alla tradizione pittorica classica, ma anche alle più recenti ricerche dei post-impressionisti.
Le ragioni dello sconcerto generale suscitato dall'opera sono da ricercarsi nell'attacco frontale che il pittore mosse nei confronti della tradizione estetica dell'intera arte occidentale a partire dal primo Rinascimento, un'offensiva resa ancora più aspra in quanto rivolta contro il mito della bellezza.


                                    Pablo Picasso, Les Demoiselles d'Avignon, 1907
                                    Olio su tela, Museum of Modern Art, New York
Picasso aveva intenzione di rappresentare l'interno di una casa di piacere e il titolo doveva essere Le bordel d'Avignon, dal nome della via di Barcellona dove si trovavano molti postriboli.
Inizialmente il dipinto rappresentava sette personaggi, due dei quali maschili, un marinaio e uno studente con un teschio in mano, una natura morta, fiori, frutta e tendaggi. Nel corso di ben diciassette studi successivi i due uomini scompaiono e il gruppo dei nudi femminili si fa più compatto. Le cinque donne, le cinque prostitute, nel titolo vengono dette “signorine” per parodiare un consueto eufemismo borghese.
Dei cinque nudi iniziali rimasero quasi inalterati solo i due centrali, dipinti uniformemente in rosa, con leggere variazioni di tono negli arti. Le loro forme essenziali sono segnate da linee taglienti e spigolose, né ombreggiature, né espedienti prospettici sono impiegati per rendere i volumi. I volti si ispirano alla scultura iberica.
In origine anche gli altri tre nudi erano dipinti allo stesso modo ma, in seguito alla scoperta delle culture primitive, l'artista operò su di essi alcuni mutamenti sostanziali. La conoscenza della statuaria iberica e soprattutto, della scultura africana portò Picasso a elaborare una nuova concezione della figura. In particolare lo affascinava l'arte africana, in quanto selvaggia ed essenziale e, insieme, frutto della mente e non degli occhi: essa ritrae un'idea delle cose piuttosto che le cose come appaiono all'osservazione.
In primo luogo Picasso sovrappose del nero al rosa della testa di sinistra, conferendole le sembianze di una maschera. In modo più radicale, intervenne sui volti e sui corpi delle due figure più a destra, che risentono dell'influsso delle maschere rituali dell'Africa nera. Risultano nettamente più scomposti degli altri con tocchi di colore puro che distinguono i piani in cui sono strutturati.
Il nudo in piedi appare sfaccettato, come intagliato in un tronco di legno. Confrontando il suo viso e quello dell'altra figura a destra con una maschera della regione africana di Etoumbi, risulta evidente la dipendenza dagli esempi scultorei extraeuropei: le teste sono fortemente modellate, con lunghi nasi stretti, a cuneo, appiattiti verso un lato del viso; nella donna in piedi, tocchi di colore verde creano le striature tipiche delle maschere africane, mentre il blu intenso deforma il viso arancio del nudo accosciato. E' in quest'ultima figura che Picasso infranse completamente i canoni della prospettiva lineare: pur essendo ripresa da dietro, di tre quarti, sono completamente visibili il volto, un seno e la schiena.
Partendo dalle solide volumetrie di Cézanne, Picasso semplifica le geometrie dei corpi e coinvolge in tale semplificazione anche lo spazio. Quest'ultimo, infatti, invece di essere inteso come una serie di rapporti tra le varie figure, viene esso stesso materializzato e dunque diviene un oggetto al pari degli altri, da scomporre secondo i taglienti piani geometrici che lo delimitano. Le figure femminili, dunque, non sono più immerse nello spazio ma da esso compenetrate e, a parte il colore rosato dei nudi, sembrano essere costituite della stessa materia solida, cosicché ogni differenza tra contenuto (i personaggi) e contenitore (lo spazio), viene automaticamente annullata.
Le apparenti incongruenze sono finalizzate a una nuova e diversa percezione della realtà. Non più visiva, come era sempre stato fino ad ora, ma mentale, espressiva e antinaturalistica: cioè volta a rappresentare tutto quello che c'è e non solo quello che si vede. In questo senso non deve meravigliarci se di un personaggio vediamo contemporaneamente due o più lati: è come se vi girassimo attorno e tentassimo poi di ricostruire le vaie viste sovrapponendole l'una all'altra.
Fonte: Itinerario nell'arte
G. Cricco F. P. Di Teodoro
L'arte tra noi
E. Demartini, C. Gatti, E. Villa
http://www.arcadiaclub.com/articoli/arte/commenti_opere/les_demoiselles_davignon_pablo_picasso.htm

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