domenica 10 gennaio 2016

Pierre-Auguste Renoir



Pierre-Auguste Renoir nasce a Limoges nel 1841 ma la sua formazione avviene a Parigi, dove inizialmente la famiglia lo avvia alla carriera di decoratore di porcellane. Studia per qualche anno alla Scuola di Belle Arti, dove conosce anche Monet e Bazille destinati entrambi a dividere con lui la straordinaria esperienza impressionista.
Per lui la pittura è soprattutto gioia di vivere e voglia di farsi travolgere dalle emozioni e dai colori, e questo si rispecchia in tutte le sue opere, molte delle quali sono realizzate (o almeno iniziate) en plein air. Dopo il viaggio in Italia del 1881 l’artista muta il proprio stile, arricchendolo con il disegno appreso e ammirato soprattutto nelle opere romane di Raffaello.
L’importanza del disegno nell’opera di Renoir si avvertirà soprattutto nella seconda parte della sua produzione (quella successiva al viaggio italiano del 1881), quando lo utilizzerà in modo meno pittorico e più funzionale alla progettazione dei suoi dipinti.


Il Palco

Egli prese parte alle mostre del gruppo, dalla prima del 1874 in cui espose “Il Palco”, in cui un uomo e una donna in abito da sera esibiscono la loro eleganza in un palco di teatro, lasciando intuire lo spettacolo più vasto che si svolge tutt’attorno.
Per il dipinto posarono Nini Lopez, una modella, e il fratello di Renoir, Edmond. Il punto focale della composizione è il volto nitido di Nini: i suoi occhi lucenti e il tono chiaro della pelle contrastano con l’effetto sfocato del resto dell’immagine, reso attraverso leggeri e morbidi tocchi di pennello che catturano la luce e dissolvono le forme, dando la stessa impressione di mobilità e d’immaterialità che si nota nelle opere eseguite en plein air.
Il colore restituisce la leggerezza della stoffa, la delicatezza della carnagione, la lucentezza delle perle. La figura femminile riempie con la sua grazia luminosa la superficie del quadro; dietro di lei il fratello del pittore, Edmond, è reso in modo più sintetico. Il corpo dell’uomo è composto da zone bianche e nere; lo sparato della camicia, sotto l’effetto della luce, acquista tonalità azzurrognole.
Ogni particolare è ordinato in funzione del piacere visivo e dell’armonia: così, ad esempio, l’accordo tra l’or del braccialetto e del cannocchiale di Nini, i due piccoli bouquet di fiori rosa appuntati sul petto e tra i capelli, o le tonalità calde del volto dell’uomo e della sua mano guantata.
Il dipinto rappresenta un momento piacevole della vita parigina; agli Impressionisti sono estranee tensioni morali e sociali e nel ritrarre scene quotidiane mostrano sempre una sorta di distacco, un’assenza di giudizio.


Pierre-Auguste Renoir, "Il palco", 1874, olio su tela, 80x64, Londra, Courtauld Somerset House



La Grenouillère

Renoir e Monet, pur avendo gusti e formazione diversi sono accomunati da una fraterna amicizia. Nell’estate del 1869 i due pittori si recano insieme a Bougival, un pittoresco villaggio in riva alla Senna, una ventina di kilometri a Ovest di Parigi. L’isolotto di Croissy, posto nel mezzo della Senna, collegato alla terraferma da un ponte, era stato attrezzato con un caratteristico ristorante all’aperto, allestito su uno zatterone ormeggiato alla riva, e con alcuni stabilimenti balneari immersi nella vegetazione. L’intero complesso era noto con il nome di Grenouillère.
Renoir e Monet collocano i propri cavalletti uno accanto all’altro e in poche ore ciascuno realizza la propria Grenouillère.
L’analisi delle due opere ci consente di capire il diverso modo di essere impressionista di ciascuno dei due artisti. Il punto di vista è pressoché il medesimo, ma diversa è l’attenzione che essi pongono alla scena.
Mentre Monet privilegia l’immagine d’insieme, allontanando prospetticamente l’isolotto centrale, Renoir è più sensibile alle presenze umane che, pur nella vaporosa indeterminatezza delle piccole e veloci pennellate, appaiono più definite di quelle dell’amico. Le figure di Monet, infatti, sono tratteggiate non diversamente dalle piante e dal resto della natura circostante, con la quale appaiono in perfetto equilibrio. L’attenzione di Monet è estremamente sintetica.


Claude Monet, "La Grenouillère", 1869, olio su tela, 74,6x99,7 cm., New York, The Metropolitan Museum of Art

Entrambi gli artisti hanno dato il meglio di sé nella rappresentazione della mobilità dell’acqua e dei mille riflessi che la colorano. Monet usa pochi colori dati a pennellate orizzontali, individuando le zone di luce e di ombra con bruschi cambiamenti cromatici, come ad esempio intorno alle barche e all’isolotto centrale (ombre) o in prossimità della riva opposta (luce). Renoir, invece, adotta una pennellata più minuta, frammentando la luce in piccole chiazzette di colore e conferendo all’insieme una sensazione di gioiosa vivacità. La sua Grenouillère è indubbiamente più festosa e squillante mentre l’interpretazione che ne dà Monet è forse meno appariscente ma senz’altro più rigorosa.
I colori di Renoir sono mobili e brillanti, in continuo e mutevole rapporto reciproco e sempre sensibili agli infiniti filtraggi che la luce del sole subisce nell’attraversare le fronde degli alberi.


Pierre-Auguste Renoir, "La Grenouillère", 1869, olio su tela, 66x81 cm., Stoccolma, Nazionalmuseum




Moulin de la Galette

Nonostante le notevoli dimensioni, la tela fu abbozzata en plein air al Moulin de la Galette, un vecchio mulino abbandonato posto sulla collina di Montmartre, il pittoresco quartiere settentrionale di Parigi, e ultimata in atelier.
Il nome del locale fa riferimento ai dolcetti (in francese galettes) che venivano offerti come consumazione compresa nel prezzo di ingresso.
Il soggetto del dipinto è il famoso ritrovo alla moda frequentato dai giovani parigini. Renoir ha voluto fermare un momento spensierato della vita contemporanea, ricreando l’atmosfera gioiosa e bohémienne di un pomeriggio festoso, in cui si intuiscono il vociare delle persone, le risa, la musica di sottofondo, i corteggiamenti e il piacere delle conversazioni leggere sulle panchine o ai tavolini.  
Per eseguire l’opera Renoir frequenta per sei mesi il Moulin. Dipinto parte dal vivo, facendo posare amici, amiche e qualche modella scelta tra le frequentatrici abituali del luogo, e parte in atelier, dove si limita a riorganizzare gli schizzi colti sul posto, il quadro costituisce uno dei capolavori della maturità artistica di Renoir.


Pierre-Auguste Renoir, "Il Moulin de la Galette", 1876, olio su tela, 1,31x1,75, Parigi, Musée d'Orsay

La composizione è molto complessa e risulta priva di un centro focale. La linea dell’orizzonte è alta e l’ambiente è quasi interamente occupato dalle figure danzanti,  sovrapposte l’una all’altra seguendo un disegno di linee curve. I personaggi ai bordi sono “tagliati”: ciò fa si che la scena sembri estendersi oltre lo spazio della tela.
Tramite un uso nuovo e libero del colore l’artista cerca di suggerirci non solo il senso del movimento, ma addirittura lo stato d’animo collettivo e la gioia d’un pomeriggio di festa. Forma e colore diventano un tutt’uno: la prima è costruita mediante il secondo che, a sua volta, assume un rilievo diverso in relazione al contrasto fra luci ed ombre e fra toni caldi e freddi. Se osservino le due coppie danzanti a sinistra: i vestiti delle ragazze spiccano contro gli abiti maschili per la diversa luminosità che li fa vibrare di colore definendo di conseguenza sia la forma dei corpi sia la sensazione del moto.
La freschezza e la naturale spontaneità che si percepiscono nell’opera sono determinate dalla pennellata rapida e mossa e dai piccoli tocchi di colore puro, di forte intensità luminosa. Con questa tecnica Renoir ha trasposto gli infiniti riflessi della luce del sole che, filtrando tra le foglie degli alberi, disegna sui volti, sui vestiti e sul pavimento macchie rosa, gialle, azzurre e violetto. Giustapponendo in modo alternato i blu e i gialli, che sono le tonalità base del quadro, l’artista ha ricreato l’effetto di movimento e di vibrazione della luce sulla materia. Rinunciando a dare consistenza corporea e finitezza alle forme, Renoir ha infuso nel quadro un’atmosfera palpitante di vita.
L’apparente casualità della rappresentazione nasconde invece un’attenta valutazione compositiva, frutto evidente dello studio dei classici.  Pur non essendoci dei piani stabiliti, nessun personaggio risulta isolato, in quanto è inserito in un determinato gruppo. L’insieme di questi gruppi, uniformemente inondati dalla luce tremolante che filtra dalle fronde degli alberi, determina la profondità prospettica dell’intera scena nella quale, il disegno gioca un ruolo estremamente marginale.



Schema compositivo dei personaggi nel Moulin de la Galette















Fonti:
Le basi dell’arte, Dal Neoclassicismo a oggi. Elena Demartini, Chiara Gatti, Lavinia Tonetti, Elisabetta P. Villa.
Itinerario nell’arte. Versione gialla compatta multimediale. Dal Barocco al Postimpressionismo. Giorgio Cricco, Francesco Di Teodoro.
Storia dell’arte, L’Ottocento, Gillo Dorfles, Francesco Laurocci, Angela Vettese.
Eikon, guida alla Storia dell’Arte, dal Settecento a oggi.  Emma Bernini, Roberta Rota.






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